Escursione all'Arco di Artilai in inverno - ATLANTIDES: Miscellanea di Ambiente, Natura, Cultura

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Escursione all'Arco di Artilai in inverno

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Visione panoramica dei monti del Gennargentu

La strada per il rifugio poco dopo il parcheggio

La strada per il rifugio completamente innevata


L'ultimo tornante prima del rifugio


Il rifugio visto dall'alto e le propaggini nord-occidentali del Buncu Spina



Un passagio non troppo agevole sotto Bruncu de Maide


Da sinistra: Bruncu Spina, Arcu Artilai (nascosto) e Bruncu de Maide. In basso la pista sciistica in disuso


Un tratto del passaggio all'ombra del Bruncu de Maide, di fronte il Bruncu Spina, si noti la propaggine rocciosa che tende a nasconderne la cima



In avvicinamento all'Arco di Artilai, a destra, nascosto

L'ultimo tratto, piuttosto difficoltoso, prima dell'Arco di Artilai. In primo piano le impronte delle racchette

L'Arco di Artilai con il cono di pietre, di fronte il Bruncu Spina la cui cima è nascosta dalla propaggine rocciosa in primo piano


Il Gennargentu visto dall'Arco di Artilai



Da sinistra, Punta Paulinu, il Gennargentu e Bruncu Allasu. A causa della maggior distanza e dell'angolo di visule, il Gennargentu sembra più basso di Punta Paulinu



Uno sguardo all'indietro sulla via del ritorno. Tra le altre cose si può notare la propaggine rocciosa che non permette la vista della cima del Bruncu Spina dall'Arco di Artilai



Gli ultimi metri prima del rifugio, sullo sfondo, il Bruncu Spina




Questa escursione segue una parte del tracciato di
Sentiero Erba Irdes e Sentiero Erba Irdes in inverno.


(Colgo l'occasione per segnalare che il toponimo IGM Erba Irdes è in realtà pronunciato dalle persone del posto come Erba Birdes. Tuttavia ricordo che in questo sito internet ci è parso opportuno utilizzare i nomi delle carte IGM. A questa regola generale ci sono solo rare eccezioni. In altri casi si è preferito apportare qualche piccolo "aggiustamento" per rendere più scorrevole il linguaggio, ad esempio Arco di Artilai in luogo del toponimo IGM Arcu Artilai).
In questa escursione si è scelto di arrivare solo fino all'Arco di Artilai a causa dell'elevato grado d’innevamento che, oltre alle presumibili difficoltà che si possono incontrare lungo percorso, provoca un allungamento dei tempi in un periodo dell'anno in cui le giornate sono ancora piuttosto corte.
Come punto  di riferimento si può considerare l'incrocio del Passo (o Arco) di Tascusì, vero crocevia tra i comuni montani di Fonni (NU), Desulo (NU), Aritzo (NU) e Tonara (NU).
In questo incrocio, dove troviamo i primi cumuli di neve ai lati della strada, svoltiamo a sinistra (per noi che proveniamo dalla direzione di Fonni), dove un cartello indica la direzione per il Rifugio montano.
Percorriamo circa quattro chilometri con la strada che s’insinua tra due barriere di neve sempre più alte. La carreggiata, benché ristretta, è stata liberata dagli spazzaneve e giungiamo facilmente a un vasto parcheggio a quest'ora (circa le nove) pressoché vuoto.
Nei pressi è presente una mini pista sciistica con un nastro di risalita e un primo rifugio, entrambi in funzione. Una seconda pista (ora in disuso) si trova in prossimità di un altro rifugio, anch’esso in funzione, che ha costituito il punto di partenza delle nostre precedenti escursioni. Ora la strada asfaltata per giungervi è completamente occupata dalla neve, siamo perciò costretti a lasciare l'auto nel parcheggio e iniziare da qui l'escursione.
Siamo a un'altitudine di 1.360 metri s.l.m. e l'Arco di Artilai (Arcu Artilai nelle carte IGM) ci sovrasta in direzione est a circa un chilometro di distanza e a una quota di 1.660 metri. Il dislivello da superare è quindi di 300 metri, seguendo un percorso ampiamente conosciuto (però mai con questo innevamento) che si svolge per circa quattro chilometri. A circa un terzo del percorso incontreremo il rifugio posto a quota 1.500 metri.
La strada è, fin dai primi metri, coperta da uno strato nevoso che diventa sempre più spesso e irregolare a causa dei cumuli prodotti dall'azione del vento.
Ogni tanto ci fermiamo per riprendere la strada e il paesaggio e, mentre siamo intenti a fare le nostre foto, siamo raggiunti da altri due escursionisti. In questi casi è d'obbligo scambiare qualche battuta e qualche informazione utile. Essi sono diretti a Punta La Marmora e hanno a disposizione le racchette da neve con le punte d'acciaio, noi ci accontentiamo di arrivare all'Arco di Artilai e abbiamo negli zaini i ramponi per il ghiaccio. Hanno ovviamente più fretta di noi e li lasciamo proseguire mentre continuiamo con le nostre foto.
Il cammino si fa sempre più lento man mano che si sale di quota e così, per aumentare l'andatura ed evitare qualche scivolone, ci mettiamo i ramponi. In questo modo possiamo procedere più celermente e con maggior sicurezza. Poco più avanti notiamo dalle impronte che anche gli altri due escursionisti stanno utilizzando le racchette.
Impieghiamo quasi un'ora per raggiungere il rifugio di quota 1.500. In questo tempo sono comprese le difficoltà del percorso e il tempo "perso" per le fotografie e le nostre osservazioni. (Preciso che non stiamo continuamente a controllare l'orologio, ma tutti i tempi di percorrenza possono essere facilmente desunti dai dati Exif delle fotografie digitali).
Il rifugio è circondato da un alto strato i neve, un gatto delle nevi arranca per raggiungerlo e nel cortile un'autovettura attende pazientemente il disgelo.
Salutiamo brevemente il gestore e proseguiamo il cammino seguendo il tracciato, appena decifrabile, della strada sterrata che con un lungo giro conduce verso l'Arco di Artilai. Questo giro ci sembra troppo lungo, e così decidiamo di "tagliare" lungo il costone verso la strada soprastante. Con i ramponi è veramente un gioco da ragazzi. A parte questo diversivo, preferiamo seguire il tracciato della strada anche per contribuire a segnare un sentiero utile per altri escursionisti. Oltretutto, salvo che non ci siano esigenze specifiche (ad esempio ricerche naturalistiche), in montagna è bene procedere sempre seguendo i sentieri.
Lungo il tragitto ritroviamo le impronte delle racchette degli altri due escursionisti e poche altre orme che si riferiscono ai giorni precedenti. Solo qualche indizio ci segnala che sotto la neve esiste una careggiata. Seguiamo questa direttrice con le dovute attenzioni ma senza grossi problemi fino a che due noti cartelli d’informazione ci segnalano la fine della strada e l'inizio del sentiero. Chi non è buon conoscitore del posto non noterà certo alcuna differenza.
Il sentiero s’inerpica lungo il versante settentrionale di Bruncu de Maide (1.703 metri s.l.m.) fino all'Arco di Artilai. Questo è il tratto più difficile del percorso sia per la ripidità del costone sia per la presenza di varie aree ghiacciate dovute dall’esposizione a nord. Talvolta è stato necessario battere con i ramponi sul ghiaccio per trovare un sicuro appiglio.
Procediamo raddoppiando le cautele finché intravediamo il noto cono di pietre (visibile nelle foto) e la sagoma tronco-piramidale del Gennargentu sorgere gradatamente sull'orizzonte dell'Arco di Artilai.
Giunti in cima ci fermiamo un po' per riprendere fiato. Ma non c'è stanchezza in noi, forse solo un po' di emozione.
Mentre osserviamo gli altri due escursionisti, un centinaio di metri più avanti sulla via di Punta La Marmora, constatiamo che il tempo impiegato per giungere fin qui è stato di due ore esatte.
Ci soffermiamo ad ammirare il paesaggio. E’ tutto un susseguirsi di cime in una lunga catena che porta dal Bruncu Spina al Gennargentu e oltre fino a Bruncu Allasu. Alla base delle montagne si estende l'ampia vallata, anch'essa imbiancata.
Eseguiamo numerose riprese fotografiche risalendo parzialmente la china di Bruncu de Maide per avere una visuale migliore. (Le due fotografie panoramiche che ho allegato in testa e in coda a questa pagina cercano di rappresentare, nel miglior modo possibile con i mezzi tecnici a disposizione, il vasto paesaggio che ci circonda).
Restiamo circa un'ora nei dintorni dell'Arco di Artilai, decidiamo infine di ridiscendere verso valle seguendo il medesimo percorso dell'andata.
Ci rendiamo subito conto nota che la forte insolazione ha prodotto un certo ammorbidimento dello strato superficiale della neve, questo rende la discesa più agevole. Tuttavia abbiamo mantenuto i ramponi fino al rifugio.
Incontriamo quasi subito altre due coppie di escursionisti, entrambe con i ramponi. Infine, in prossimità della pista sciistica in disuso, incontriamo altre due persone. Ci fa proprio piacere sapere che provengono dal vicino paese di Desulo (NU), così possiamo ottenere qualche informazione utile. Essi avevano già deciso di tornare indietro e così scendiamo insieme verso valle, nel frattempo discorriamo di alcuni aspetti e curiosità di queste montagne. Alcune informazioni ci portano a risolvere un piccolo mistero. Fin dalle prime escursioni in quest'area, avevamo notato la presenza di alcune grosse buche, chiaramente prodotte dall'uomo, delle quali non capivamo il significato. I nostri occasionali accompagnatori ci spiegano che esse servivano in passato per conservare la neve fino a estate inoltrata e che, per garantire una più lunga conservazione, venivano ricoperte con paglia. Il ghiaccio estratto era poi utilizzato per produrre sa carapigna, l’antico sorbetto sardo tipico di queste montagne.
Sono quasi le ore quattordici quando giungiamo al rifugio dove possiamo riposare e mangiare.
Riprendiamo nel pomeriggio, però la discesa verso il parcheggio presenta una difficoltà imprevista. La forte insolazione ha prodotto un eccessivo ammorbidimento della coltre nevosa, a causa di ciò si affonda facilmente fin sopra alle ginocchia. La situazione è inversa rispetto la mattina quando il problema era di mantenere l’equilibrio sulla superficie ghiacciata.
Superiamo anche quest'ultima difficoltà scegliendo il punti in cui la neve presenta uno spessore inferiore.
Avvicinandoci alla nostra autovettura notiamo che la situazione è completamente diversa rispetto la mattina. Il vasto parcheggio è completamente pieno di auto. Nei dintorni c'è chi scia, chi compie discese con lo slittino, chi semplicemente passeggia o gioca con la neve. Anche il nastro del piccolo impianto di risalita è in funzione. Per tutte queste persone è stata certamente una bella domenica sulla neve.
Anche per noi è stata una giornata indimenticabile con l'ascesa un po' avventurosa all'Arco di Artilai che ora splende colpito dal sole.

(13 febbraio 2011)
(Ultima revisione: 24/01/2021)





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Escursioni nel Gennargentu






La strada per il rifugio completamente innevata


Al centro Arcu Artilai in controluce, a sinistra il Bruncu Spina,  a destra Bruncu de Maide


Finalmente il rifugio!


Il Bruncu Spina e Bruncu de Maide, al centro, nascosto, Arcu Artilai


La strada in quota, si notano le tracce di alcuni escursionisti e di uno sciatore


Uno sguardo all'indietro, si notino le tracce delle racchette



Uno sguardo all'indietro, al centro Punta Erba Irdes, in fondo Monte  d'Iscudu. Si notano la pista sciistica in disuso, la strada sterrata e i due cartelli accennati nel testo




Ancora uno sguardo all'indietro dalle pendici di Bruncu de Maide, al centro Punta Erba Irdes, in fondo Monte  d'Iscudu

Gli ultimi metri prima dell'Arco di Artilai. Si notano, da sinistra,  il cono di pietre e le cime di Punta Paulinu e del Gennargentu


Il Gennargentu visto dall'Arco di Artilai



Risalendo il costone di Bruncu de Maide si può osservare meglio il Bruncu Spina. Al centro dell'immagine si intravede il cono di pietre dell'Arco di Artilai



Sulla via del ritorno, grazie alla migliore esposizione, possiamo fotografare quest'antico ovile sulla valle del rio Aratu, un torrente che si origina dai rigagnoli che scendono dal Bruncu Spina e dall'Arco di Artilai



Il Bruncu Spina, l'Arco di Artilai e Bruncu de Maide e, in basso, il rifugio


Dalle vicinanze del parcheggio, un ultimo sguardo all'Arco di Artilai ora in piena esposizione


Visione panoramica dei monti del Gennargentu
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